Un caso di approccio trasformativo alla mediazione familiare

Un caso di approccio trasformativo alla mediazione familiare

Tizia è giunta nel mio studio con la volontà di farsi aiutare da un avvocato in quanto il marito Caio l’aveva lasciata. Occupavamo due delle tre poltroncine che, equamente vicine, per me e per chi vi si sedeva, dovevano enunciare la mia vicinanza a pari titolo ad entrambe le parti della disputa ed al contempo, la mia terzietà che doveva rimanere inalterata, senza pregiudizi, qualsiasi cosa mi venisse raccontata, qualsiasi Tizia due possibilità delle quali l’una, farsi difendere da me in qualità di avvocato, e in quel caso avrei potuto difendere soltanto lei, invitando Caio a nominarsi un altro difensore; oppure, un’altra strada, nella quale, tutti e tre avremmo seguito un percorso di mediazione familiare, dalla quale il primo beneficiario sarebbe stato il loro bambino Sempronio, che allora aveva cinque anni. Quel giorno, introdussi Tizia alla prima fase dell’accoglienza nella quale le ho spiegato che avrei seguito sia lei che Caio, assegnando loro dei compiti a casa che avrebbero potuto svolgere insieme, verificando i loro progressi nella condivisione di obiettivi comuni, attraverso una comunicazione efficace. Non sarei stata un giudice, attribuendo ragioni o torti, avrei “smesso i panni dell’avvocato”, della difesa dell’uno contro l’altra, per indossare quelli della mediatrice. Avremmo contato sulla comune riservatezza. Avremmo individuato diversi percorsi e avremmo trovato insieme la strada verso la serenità. Nella nostra equipe, non sarebbe stata sufficiente la presenza partecipativa di Tizia, ma occorreva il contributo essenziale di Caio il quale avrebbe dovuto accogliere quel percorso che avevo presentato alla moglie e così, anche lui ha fatto il proprio ingresso in studio e gli è stato introdotto il percorso che, per scelta, avrebbero intrapreso. Purtroppo, la loro comunicazione era diventata pressoché assente e finalizzata alle esigenze lavorative che li accomunavano e agli impegni del bimbo: parlavano poco e la loro vita affettiva era pressoché assente. I primi incontri servirono a dissodare il terreno dalla cattiva comunicazione, provando a far rimarginare vecchie ferite, a dare voce a delusioni malcelate e a manifestare il malessere di ciascuno loro perché si accogliessero nella loro diversità e perché, con nuove modalità, cominciassero a prendersi “cura” l’uno dell’altro per se stessi e, soprattutto, per il loro piccolo Sempronio. Nel percorso di mediazione entrambi giocavano a interpretare il ruolo dell’altro, ciascuno si chiedeva, ormai spesso, cosa avrebbero fatto e pensato trovandosi nei panni dell’altro. Superato brillantemente il passaggio della comunicazione empatica e costruttiva, dovevamo entrare necessariamente in un altro territorio molto pragmatico: una nuova gestione della famiglia a livello patrimoniale, il mantenimento e l’affidamento del piccolo Sempronio. Nei successivi incontri abbiamo lasciato emergere tante possibilità e strategie (brainstorming) per gestire in maniera adeguata il nuovo assetto familiare che si andava costituendo. Tizia decideva quindi di non rientrare a Roma dove precedentemente al matrimonio viveva sia per non mettere in difficoltà l’azienda nella quale da molti anni lavorava con Caio, sia per non togliere al papà la possibilità di incontrarsi e di prendersi cura del bambino. Questa scelta è stata frutto della riflessione che sarebbe stato deleterio per Tizia gestire l’affidamento in modalità alternata, seppure condivisa in quanto i compiti della gestione familiare sarebbero spettati quasi tutti a lei, e Sempronio avrebbe risentito molto della mancanza frequente del papà.
Nei successivi incontri, la capacità comunicativa di Tizia e Caio è giunta al punto che, oggi entrambi sono in grado di modificare la loro gestione familiare in vista delle mutevoli esigenze. Il bambino, gode similmente delle prerogative di una famiglia “unita”: entrambi i genitori provvedono al suo mantenimento in maniera diretta, e attraverso il supporto economico del padre; frequenta entrambi i rami parentali e le amicizie vecchie e nuove. Tizia e Caio sono adulti responsabili: l’oggettiva situazione di difficoltà non li ha fatti chiudere nel loro egoismo, ma, al contrario, la mediazione li ha educati a comunicare in maniera costruttiva e non rivendicativa l’una nei confronti dell’altro, che ha sortito un effetto positivo anche nel loro comune lavoro. Oggi sono separati legalmente: in Tribunale sono giunti insieme e insieme sono andati via, tornando al loro comune lavoro e accordandosi per Sempronio sulla gestione del “menage familiare” del seguito della giornata.

Teresa Lavitola
In www.diritto24.ilsole24ore.com