Un approccio sistemico-familiare alla mediazione con famiglie in transizione

Un approccio sistemico-familiare alla mediazione con famiglie in transizione

Questo articolo tratta di come un approccio sistemico familiare possa essere usato dai mediatori familiari per comprendere i cambiamenti strutturali delle famiglie in transizione e per facilitare gli scambi comunicativi tra i membri del “vecchio” e del “nuovo” sistema familiare. Il termine “famiglie in transizione”, in questo contesto, indica famiglie che stanno passando attraverso il processo della separazione, del divorzio e della ricostituzione. In un periodo che potrebbe essere gestito in maniera cooperativa, ma che in realtà è spesso caratterizzato da rabbia, senso di perdita e ingiustizia, le famiglie hanno bisogno di sostegno mentre si formano nuove relazioni, si pongono nuove strutture e l’organizzazione genitoriale viene progettata fino a raggiungere un accordo, invece di divenire il punto focale del conflitto di coppia irrisolto.

La mediazione familiare vede un rapido sviluppo nel Regno Unito a partire dalla fine degli anni ’70 e si prefigge lo scopo di offrire un servizio creativo di soluzione dei problemi alle famiglie in transizione. Uno dei principi centrali della mediazione familiare è che i genitori separati o in separazione prendono le loro decisioni, modellandole sui bisogni dei figli. Non si tratta di clienti cui vengono forniti consulenza, terapia o consigli da “esperti”.

Inizialmente i servizi di mediazione familiare offrivano aiuto ai genitori separati o divorziati che si trovavano a discutere sugli accordi per i figli. Il Children Act del 1989 cambiò la filosofia e la terminologia della genitorialità post-divorzio, creando una cornice legale in cui la responsabilità parentale congiunta continua ad essere mantenuta da entrambi i genitori dopo il divorzio (a meno che non ci siamo circostanze per cui la Corte ordini diversamente). Il Children Act incoraggia i genitori separati o divorziati a raggiungere un accordo circa la loro organizzazione con i figli, senza che alcun provvedimento per i figli venga emesso dalla Corte (a meno che non venga dimostrato che il provvedimento della Corte è nell’interesse del minore).

Il principio del Children Act che autorizza i genitori a progettare e mettersi d’accordo circa le responsabilità familiari e l’organizzazione futura, è del tutto in sintonia con i principi della mediazione. Un mediatore familiare è prima di tutto un promotore della comunicazione e della cooperazione tra i genitori, che sono spesso incapaci, all’inizio o nel corso di tutto il processo di separazione, di relazionarsi in maniera costruttiva. Il processo di mediazione può concludersi con un elenco scritto degli accordi proposti o dell’attuale organizzazione familiare che i genitori possono rendere effettivi tra loro o possono far inserire dai loro legali in un accordo formale, timbrato dalla Corte se necessario.

Un articolo sulla mediazione familiare apparso sul “Journal of Family Therapy” (Robinson e Parkinson, 1985) sottolinea il valore dell’approccio sistemico familiare nella teoria e nella pratica della mediazione familiare. La teoria sistemico-familiare offre un modo per pensare e comprendere i cambiamenti che le famiglie vivono durante la separazione e il divorzio. Allo stesso tempo si rivela molto utile per sviluppare modelli pratici, utilizzabili per aiutare queste famiglie a gestire il cambiamento e la riorganizzazione in tutte le aree della loro vita. Questi cambiamenti implicano processi di adattamento emotivo, psicologico, economico, legale e sociale per i genitori e hanno un profondo impatto sull’intera famiglia, così come sui suoi singoli membri. Le relazioni tra genitori e figli devono essere sostenute e incoraggiate nel momento in cui stanno combattendo con il dolore e la rabbia per la fine della loro relazione (maritale o di convivenza: penso sia superfluo, ma è nel testo). I genitori spesso cercano continuità e stabilità, specialmente quando i figli sono coinvolti, quando affrontano la necessità economica della vendita della casa di famiglia. Le sfide per queste famiglie sono complesse e possono divenire schiaccianti. Possono essere molto scoraggianti anche per il mediatore che cerchi di aiutarle.

Robinson e Parkinson (1985) sostengono che un approccio sistemico familiare sia utile, prima di tutto, in quanto permette ai mediatori di pensare i cambiamenti nella struttura familiare e nei ruoli familiari che le famiglie devono negoziare quando passano da una struttura familiare all’altra. In termini pratici, tecniche e abilità derivate dal lavoro sistemico con le famiglie possono essere adattate per l’utilizzo in mediazione, “sebbene sia importante non implicare con ciò che il divorzio sia patologico e che la famiglia divorziata abbia bisogno di un trattamento” (op. cit., p. 375). Un ulteriore vantaggio per i mediatori nell’utilizzare un approccio sistemico è rappresentato dal fattoche, sebbene la mediazione sia separata e distinta dai processi legali, essa opera all’ombra della legge ed è connessa ai sistemi della consulenza e del patrocinio legale. Nel ricevere riferimenti dagli avvocati e riferendo i clienti della mediazione agli avvocati per un consiglio legale, il mediatore familiare deve avere una buona conoscenza della legge e della procedura nei procedimenti familiari (non solo il divorzio) ed essere consapevole degli aspetti legali che devono essere trattati al fine di raggiungere un accordo pieno e definitivo nei procedimenti di divorzio. La mediazione familiare può avvenire congiuntamente al consiglio legale dato a ciascuna parte dal proprio avvocato. In questo modo essa è complementare al sistema legale e anche un servizio autonomo al quale i genitori possono riferirsi, senza aver consultato alcun avvocato.

Ci sono ovviamente altri sistemi con i quali il mediatore familiare deve essere in confidenza al fine di aiutare i propri clienti ad utilizzare le risorse disponibili, e – se opportuno – a riferirsi ad altri servizi. Anche i genitori assediati dalle difficoltà tendono ad essere uniti nell’opporsi ai Servizi Sociali (Child Support Agency), e ciò rende ancor più necessario per il mediatore spiegare come i Servizi possano essere coinvolti e come i genitori possano evitare interventi non voluti.

Comprendere le strutture familiari che cambiano.

I mediatori familiari devono essere profondamente consapevoli dell’ampia diversità culturale presente attualmente tra le famiglie inglesi. La famiglia tradizionale composta da due genitori non costituisce più la norma – se mai lo ha fatto. In alcuni gruppi etnici i bambini sono spesso allevati da membri della famiglia estesa, piuttosto che dai genitori. Nonne e zie possono essere le principali figure che si prendono cura di gruppi dai confini vaghi, formati da fratelli, mezzi-fratelli e cugini. Altri bambini vivono in famiglie monoparentali e alcuni di questi bambini possono non avere mai esperienza della vita in una famiglia con due genitori. Molte differenti figure di accudimento possono andare e venire – i loro genitori, il nuovo partner di uno dei genitori o una successione di partner diversi, baby-sitter e insegnanti. I mediatori devono fare attenzione a non presumere che la madre sia, o dovrebbe essere, l’unica o principale figura di accudimento. Molte madri lavorano a tempo pieno e ancor più padri, madri e padri acquisiti prendono parte attiva nella cura condivisa dei figli. Le famiglie monoparentali gestite da padri sono più frequenti di quanto si creda.

Occasionalmente i fratelli sono divisi tra i genitori, qualche volta per la convenienza dei genitori e qualche volta per desiderio dei bambini, o il desiderio che ad essi viene attribuito. I fratelli che vengono divisi tra due campi contrapposti possono essere tirati dentro il conflitto e ancor più disperatamente hanno bisogno che i loro genitori costituiscano un fronte unito.

I mediatori familiari di conseguenza si trovano di fronte ad una complessa e mutevole rete di relazioni e attaccamenti all’interno di strutture familiari che stanno cambiando in modo drammatico e spesso traumatico. In termini pratici, la cura dei figli è spesso un problema per genitori con una relazione stabile che cercano di destreggiarsi tra famiglia e impegni lavorativi. Alcune coppie che hanno sempre cooperato nella cura dei figli continuano a farlo dopo la separazione. Altri si danno battaglia su meriti ed errori reciproci e sulla quantità di tempo che il bambino deve passare con ciascun genitore, ora che vivono separati. Possono anche esserci conflitti circa i contatti che il bambino ha con altri membri della famiglia, come i nonni, e sul coinvolgimento di un nuovo partner dall’una o l’altra parte. I mediatori familiari devono comprendere quale persona ciascun genitore considera appartenente alla famiglia e quale pensa invece dovrebbe essere parte della “nuova” famiglia estesa – sebbene questo possa non essere accettato dall’altro genitore. I bambini più piccoli ai quali un terapeuta infantile o ricercatore chiede chi appartiene alla loro famiglia, vi includono comunemente vicini di casa e amici intimi, pur essendo chiare le relazioni biologiche. Permettere ai bambini di mantenere il legame di attaccamento con nonni, zii e amici speciali può essere cruciale per il loro benessere emotivo e la loro sicurezza psicologica, specialmente quando la loro vita è in tumulto.

 Uno dei primi compiti del mediatore familiare, dopo essersi impegnato con entrambi i genitori e aver aiutato entrambi a comprendere e accettare la mediazione, è quello di tracciare una “mappa” della famiglia al momento (come è vista da ciascun genitore). Questo può essere fatto verbalmente o esser facilitato attraverso il disegno di un “ecogramma” – una versione modificata del genogramma. Il genogramma è uno strumento classico nella terapia familiare che può essere usato in modi diversi nella mediazione familiare, per scopi differenti. Un genogramma è per definizione un diagramma che mostra la struttura e le relazioni familiari su linee generazionali. Il termine “ecogramma” è attualmente usato da alcuni mediatori familiari al posto di “genogramma” (Bérubé, 2002). Le famiglie separate tendono a crescere verso l’esterno lungo un asse orizzontale, non semplicemente verso il basso. Per capire l’ecologia della struttura e del sistema familiare in evoluzione, i mediatori usano l’ecogramma per rappresentare il panorama della famiglia, (usando la terminologia computazionale intendiamo qui una visione più ampia) piuttosto che la famiglia in formato ritratto (cioè in un formato più ristretto, lineare).

 Altra utile caratteristica dell’ecogramma, per la mia esperienza, è di mostrare due linee orizzontali che connettono i genitori, al posto della solita linea unica. La linea superiore rappresenta la relazione maritale o di convivenza che può essere terminata con la separazione o il divorzio. La linea inferiore rappresenta la relazione genitoriale che di solito deve essere mantenuta, per il bene dei figli e degli stessi genitori. È incredibilmente difficile per la maggior parte dei genitori affrontare la fine della loro relazione di coppia mentre continuano quella genitoriale. I legami spesso rimangono impigliati tra loro. Il separarli a livello visivo può aiutare i genitori a sentirsi più consapevoli e meglio compresi. Questa consapevolezza può anche aiutarli a fare il primo passo verso la possibilità di sciogliere questi stessi legami.

Alcuni mediatori familiari disegnano un ecogramma all’inizio della mediazione sulla lavagna, come mezzo per raccogliere informazioni da entrambi i genitori via via che il disegno della famiglia emerge. I mediatori possono anche disegnare un ecogramma sul loro blocco come annotazione veloce e come modo per riflettere sulla struttura e sul funzionamento della famiglia, eventualmente per discuterlo con un esperto o un supervisore. Gli ecogrammi sono particolarmente utili quando il sistema familiare ampliato include bambini avuti da relazioni precedenti, genitori acquisiti, figli acquisiti, nonni e nonni acquisiti. L’ecogramma può mostrare attraverso linee punteggiate (cioè frontiere permeabili) chi vive in ciascuna famiglia e chi è in contatto con chi. Costituisce un focus visivo per i genitori, che può rendergli più facile il parlare delle relazioni con i figli e dei contatti con gli altri membri della famiglia.

Ecogramma per l’intervento di Mediazione con Carol e Hugh

Nell’ecogramma riportato di seguito, Carol e Hugh sono giunti in mediazione per elaborare un accordo per i figli, in seguito alla separazione avvenuta quattro mesi prima. Hugh vive con la nuova compagna, Alison, e con le sue due figlie, Jessica e Debbie. Alison ha divorziato cinque anni prima. Le sue figlie, Jessica e Debbie, trascorrono molto tempo con il padre, Bob, con ritmi regolari. Anche Bob ha una nuova compagna che a sua volta ha dei figli, ma l’intervento di mediazione con Carol e Hugh è centrato sulle loro preoccupazioni e sul disaccordo circa Patrick e Karen e la quantità di tempo che loro passano con il padre. Un problema immediato è costituito dal fatto che Patrick, di quattordici anni, al momento non vuole vedere il padre. Ci sono dei problemi nella gestione delle responsabilità genitoriali, nella continuità della relazione padre-figlio, nella comunicazione e nell’interazione tra “vecchio” e “nuovo” sistema familiare.

Molti genitori separati sono incapaci di accordarsi su un’organizzazione presente e futura con i loro figli a causa del rancore reciproco e della totale immersione nei loro sentimenti e problemi. La mediazione familiare costituisce un luogo in cui i genitori possono considerare sentimenti e bisogni dei loro figli, così come i propri. Con l’aiuto di uno o, talvolta, due mediatori (spesso, ma non sempre, un uomo e una donna) possono essere capaci di elaborare modelli genitoriali e accordi economici accettabili da tutte le parti coinvolte. Nella mediazione i genitori possono aver bisogno di discutere se i figli debbano avere una casa di famiglia principale, o due case più o meno uguali, e la quantità di tempo che i bambini passeranno in ciascuna casa.

I mediatori familiari aiutano i genitori:

· Aiutandoli a divenire consapevoli, o più consapevoli, di ciò che i loro figli possono stare vivendo o di cosa hanno bisogno;

· Aiutandoli a focalizzarsi su ciascun bambino come un individuo con i suoi bisogni, che variano in relazione all’età e allo stadio di sviluppo, al temperamento, all’attaccamento e a molti altri fattori;

· Aumentando la cooperazione genitoriale e riducendo la competizione sui figli;

· Incoraggiando i genitori ad accettare il ruolo che l’altro continuerà ad avere nella vita dei figli;

· Aiutandoli a considerare aree differenti della genitorialità e quanto queste possano essere condivise o affidate principalmente ad uno dei genitori;

· Aiutandoli ad elaborare accordi che liberino i figli dai conflitti di lealtà o altre pressioni;

· Aiutando i genitori nel progettare modalità di pagamento e impegno che supportino economicamente i figli;

· Discutendo con i genitori in che modo pensano di parlare con i figli e spiegargli la nuova organizzazione;

· Considerando con i genitori se i figli piccoli o giovani adolescenti debbano essere coinvolti direttamente nella mediazione, per dare loro la possibilità di esprimere il loro punto di vista e i propri sentimenti, ma senza caricarli della responsabilità delle decisioni. Alcuni genitori accettano volentieri il supporto del mediatore nello spiegare le loro decisioni e i loro accordi ai figli nell’ambito di un incontro con la famiglia, al termine del processo di mediazione.

Modelli di interazione familiare e relazioni di potere.

Come Taylor (2002) e altri hanno osservato, o le famiglie sviluppano e mantengono modelli di interazione che funzionano bene o, se non sono utili per uno o più membri, generano infelicità. La terapia familiare con famiglie “intatte” può aumentare la consapevolezza di modelli di funzionamento e dei loro effetti, favorendo così l’apertura al cambiamento. Cambiamenti positivi possono verificarsi quando uno o più membri modificano la loro percezione e/o il loro comportamento in modi che portano a migliorare il funzionamento familiare.

I mediatori familiari non lavorano con famiglie “intatte”. Lavorano principalmente con genitori che sono già separati o stanno affrontando la separazione, perché uno o entrambi hanno deciso di porre fine alla loro relazione. I cambiamenti richiesti da un partner possono incontrare la forte opposizione e l’amaro risentimento dell’altro partner che non accetta il bisogno di separarsi. Il cambiamento è quindi forzato per il partner che si oppone, in un clima di conflitto e comunicazione disfunzionale, o peggio nessuna forma di comunicazione. La violenza fisica è una risposta comune di fronte all’esperienza e alla paura di un cambiamento estremo.

Prima che la mediazione cominci è necessario un attento esame per stabilire se la mediazione sia adatta e accettabile per entrambi i partner, o se c’è una storia di violenza domestica e abusi o altre circostanze in cui la mediazione possa rivelarsi non idonea. Nelle situazioni in cui la mediazione è considerata idonea e accettabile da entrambe le parti, possono essere comunque presenti importanti squilibri di potere che il mediatore deve essere capace di riconoscere e gestire, per evitare che una parte tiranneggi o domini l’altra (Parkinson, 1977). E’ possibile che forme antecedenti di potere, come il possesso di proprietà e il controllo sull’assetto finanziario, debbano essere ridistribuite. Il potere può gradualmente modificarsi via via che le informazioni vengono scambiate e nuove possibilità vengono aperte. La teoria dei sistemi fornisce ai mediatori familiari i modi per spiegare il conflitto in differenti sistemi e sottosistemi e i metodi per risolvere problemi attraverso l’esplorazione delle possibili soluzioni. Anche se queste sono solo soluzioni temporanee e parziali, possono preparare il terreno per ulteriori cambiamenti consensuali. Il mediatore fornisce un processo strutturato in cui il conflitto possa essere contenuto e gestito così che tutti i partecipanti si sentano sicuri, ascoltati e sufficientemente sostenuti.

Così come deve avere una struttura formale in termini di procedure e documenti scritti, il processo deve essere flessibile e adattabile ai modelli familiari di comunicazione e a livelli variabili di conflitto. Le tecniche della connotazione positiva e della riformulazione sono molto utili nell’aiutare i genitori e, se prendono parte al processo, altri membri della famiglia – ad ascoltarsi l’un l’altro, a vedere le cose in modo differente e a guadagnare nuove prospettive.

Il ruolo e le strategie dei bambini nella risposta al conflitto parentale.

I bambini possono essere spettatori passivi che vengono tenuti fuori dalle discussioni dei loro genitori e talvolta inconsapevoli di esse. Ma quanto più è forte il conflitto tra i genitori, tanto più è probabile che i bambini e i figli adolescenti vi siano trascinati. Uno o entrambi i genitori possono coinvolgere i figli in triangoli emotivi in cui i loro conflitti sono incanalati attraverso il “bambino triangolato”. I bambini che sono molto preoccupati dalla separazione o dal divorzio dei genitori, specialmente quelli che vengono catturati nel conflitto parentale, possono aggiungere al conflitto reazioni che sembrano richieste di attenzione o atteggiamenti manipolatori. Descrivere questo comportamento come una “strategia” del bambino suggerisce che questo sia consapevole e predeterminato, mentre si tratta spesso di una risposta intuitiva a una combinazione di bisogni personali e pressioni parentali. I bambini spesso cercano di proteggere uno o entrambi i genitori, così come anche se stessi, e i loro comportamenti possono essere il loro modo di mostrare bisogni che non possono tradurre in parole. Qualche volta tentano di sostenere entrambi i genitori raccontando a ciascuno di loro quello che pensano il genitore voglia sentire. Quando più tardi viene chiesto ai bambini cosa li avrebbe aiutati, quasi sempre rispondono che avrebbero avuto bisogno di più informazioni, spiegazioni e rassicurazioni da parte dei genitori di quelle ricevute. Il mediatore familiare può aiutare i genitori a discutere cosa ritengono dovrebbe essere detto ai figli, da chi e in che momento. I genitori possono essere capaci di accordarsi su spiegazioni e rassicurazioni appropriate all’età e allo stadio di sviluppo di ciascun bambino, spiegazioni che i genitori daranno loro separatamente o insieme, senza contraddirsi o denigrarsi l’un l’altro di fronte ai bambini. “Micro-interventi” sensibili da parte dei mediatori possono aiutare i genitori a gestire tipi differenti di comunicazione familiare, così come organizzazione pratiche a livello concreto, che facilitano l’adattamento loro e dei loro figli. Le domande che il mediatore fa non sono domande a caso. Devono essere tratte da diverse cornici teoriche che includono teorie dell’attaccamento, della crisi, del conflitto, della negoziazione e della comunicazione. La struttura teorica fondamentale è comunque rappresentata dalla teoria sistemica, la sola che fornisce una cornice unificante in cui il mediatore traccia connessioni e lavora in modo olistico nel modificare le strutture e le interazioni all’interno della famiglia.

 Lisa Parkinson