Mediazione familiare: la donna nel mondo musulmano

Mediazione familiare: la donna nel mondo musulmano

La donna nell’Islam ha sempre ricoperto una posizione di cui l’Occidente ha riportato un’immagine della donna islamica come seduttrice e voluttuosa. Con il tempo si è addivenuti alla conoscenza che i paesi islamici sono al contrario molto severi, rigidi ma attenti alle esigenze della vita quotidiana. La differenza tra il mondo cristiano e quello islamico è puramente ideologico, infatti l’Occidente cristiano proclama un grande rigore ma consente tutte le eccezioni, mentre nell’Islam le esigenze sono più realiste ma più rigide.

La condizione della donna islamica, ai giorni nostri, risulta essere alquanto all’avanguardia:

  • Il matrimonio e il matrimonio misto
  • Il foulard islamico
  • La donna nella moschea
  • La poligamia
  • Il divorzio
  • L’adulterio e le sue sanzioni
  • La pena di morte
  • La sessualità
  • La contraccezione
  • L’aborto
  • L’istruzione delle ragazze nell’islam
  • L’assenza di una norma unica

Particolare attenzione focalizza l’opinione pubblica occidentale sull’uso del foulard islamico indossato dalle donne. Il termine foulard è spesso confuso con i termini negativi chador evelo, perché portare il chador significa sostenere il potere iraniano e portare il velo significa nascondere tutto delle donne. Le tipologie dei foulard sono:

  • Rusari, prettamente iraniano, incornicia il volto e lascia apparire fronte, occhi, labbra, naso e mento per poi scendere fino ai piedi, è di colore nero;
  • Hijab, in uso in Persia, copre i capelli delle donne lasciando scoperto il volto, non è necessariamente nero;
  • Nikab, presente nei paesi musulmani sunniti, è un velo integrale nero che lascia scoperti solo gli occhi;
  • Burka, obbligatorio in Afganistan, copre tutto il corpo ed ha una specie di grata all’altezza degli occhi per consentire la vista.

Per espressione di fede, delle dimensioni spirituali dell’essere, è segno di sensibilità e di pratica islamica è indossato il foulard dalle donne islamiche Pertanto l’intolleranza al costume si rivela come intolleranza religiosa. Rilevante è il caso d’intolleranza verificatosi tempo fa nella Nazione francese. Una famiglia magrebina si stabilisce in Francia, la cultura sociale di quel Paese non consente l’uso del velo nelle scuole pertanto la reazione della famiglia magrebina è la rassegnazione a dare un’istruzione alla figlia. L’importante è non dare evidente segnale di diversità: va bene per una catenina al collo con appesa una croce o per una stella di David, ma non va bene per un foulard.

Teoricamente, infatti, la ricerca del sapere è un obbligo per ogni musulmano ed ogni musulmana perché un sapere vasto è la condizione di una fede profonda. Nella realtà l’ignoranza delle donne è diffusa e spesso mantenuta così che esse non arrivino alla conoscenza dei loro diritti. Per esempio in Egitto troviamo molte studentesse nelle università egiziane e donne professori di università, al contrario in Afganistan la regola è la negazione totale dell’educazione e dell’istruzione per le donne.

Analoga differenza tra teoria e pratica troviamo per quanto riguarda la posizione della donna nella moschea. Infatti, uomini e donne sono separati nelle moschee, entrambi però hanno gli stessi obblighi, le stesse esigenze in materia di partecipazione alla preghiera comunitaria. Capita che a volte gli uomini sono davanti e le donne dietro, a volte c’è una separazione tra due spazi contigui, a volte ci sono due piani. Lo scopo è la massima concentrazione del proprio essere, il proprio cuore, la propria coscienza verso Dio, in modo da evitare le preoccupazioni umane e le distrazioni. Comunque la moschea resta un luogo di vita, di studio, di preghiera sia per le donne sia per gli uomini. Non impedite alle vostre spose di recarsi in moschea, recitava il Profeta. Nella realtà alcune moschee non permettono l’entrata della donne. Per esempio alla Mecca, durante il pellegrinaggio, uomini e donne pregano l’uno accanto all’altra, espressione, in quel momento, di intensa spiritualità, di un’eguaglianza totale tra uomini e donne insieme davanti al Creatore. Si comprende che la filosofia generale della separazione non ha nulla a che vedere con una discriminazione di fatto ma piuttosto con un riguardo particolare alle esigenze di una spiritualità profonda, concentrata, esclusivamente attenta alla presenza dell’Unico.

La poligamia è una struttura sociale nata con i patriarchi d’Israele la quale prevede per un uomo la possibilità di avere quattro spose e molte concubine, in circostanze però particolari, regolate da leggi, perché l’orientamento generale dell’insegnamento islamico tende alla monogamia. Quindi la poligamia rappresenta la preoccupazione di non lasciare mai una donna da sola con i suoi bambini, è una necessità sociale volta alla sicurezza del nucleo. Esiste però una differenza tra quanto si trova nei testi e quanto avviene nella società, vi sono delle leggi che tutelano i diritti della donna per quanto riguarda il matrimonio ma nella realtà, poiché, come è stato già detto, la donna, non essendo istruita, è all’oscuro di tali diritti. Ricordiamo che paesi come Tunisia e Turchia hanno abolito la poligamia.

Collegato alla poligamia è il matrimonio ed il matrimonio misto. Nell’islam il matrimonio è un vero e proprio contratto i cui termini devono essere chiaramente stipulati (in particolare sui bambini, educazione e custodia). Si basa sull’uguaglianza degli esseri e la complementarietà dei ruoli e delle funzioni. L’uomo ha perciò il dovere di sopperire e provvedere ai bisogni della famiglia, la donna ha il diritto alla tranquillità dal punto di vista materiale. Per tale motivo l’ uomo mussulmano può sposare una donna cristiana o ebrea, egli, infatti, deve rispettare la fede di sua moglie e soddisfare le su necessità, mentre una donna musulmana non può sposare un uomo di un’altra religione, perché potrebbe ritrovarsi in una situazione in cui suo marito non riconosce la sua fede e non vuole mantenerla.

A questo punto è inevitabile parlare di divorzio. Esiste una differenza tra quanto si trova nei testi e quanto avviene nella società. Nei testi il divorzio tra le cose permesse è quella più odiata da Dio. Pertanto, essendo considerato un’onta per entrambi i sessi, deve essere ben motivato; la donna può, preventivamente nel contratto matrimoniale, stabilire le clausole dell’eventuale divorzio. Il matrimonio investe l’unione di due famiglie. Ciascuno conserva la propria identità e resta legato alla famiglia d’origine. Lasciare la moglie o il marito significa rientrare nella propria famiglia. Ciò non è attuabile per la diffusa povertà, delle condizioni di vita, delle famiglie smembrate. Spesso gli uomini rivelano esagerazioni con trattamenti discriminanti e disumani nei confronti della sposa, la donna si ritrova sola, isolata e con a carico molti bambini. La problematica anzidetta viene affrontata in maniera diversa nei vari paesi islamici. Per esempio lo statuto personale imposto in Algeria; gli articoli di legge fanno della donna un minore senza diritti che non può chiedere il divorzio.

Peggio, a livello teorico, l’adulterio la pena citata nel Corano è la lapidazione, questa però è accompagnata da diverse attenuanti di casualità che ne determinano l’impossibilità di attuarla. Le pene hanno quindi finalità educativa e dissuasiva, sono un forte deterrente. Diverso è ciò che accade nelle oasi del sud della Tunisia dove la popolazione è costituita da beduini, che sono più o meno stabili coltivatori. Se una donna tradisce il marito può essere punita con la pena di morte, ma una donna non ha il diritto di chiedere al marito se ha commesso o no adulterio.

Il valore deterrente è valido anche per la pena di morte ed è al contempo il pretesto per lo sviluppo di un progetto di comportamenti finalizzati a sensibilizzare:

  • la coscienza davanti a Dio;
  • l’orientamento al bene;
  • l’equità davanti agli uomini.

E’ da sottolineare che le condizioni che accompagnano queste pene le rendono inapplicabili. Nell’ambito islamico comunque vi sono differenze, per esempio, tra Arabia, Sudan, Afganistan che applicano le sanzioni sull’adulterio e la pena di morte, e tra Marocco, Egitto, Siria che non le applicano.

La sessualità,intesa come adorazione del creatore, è trattata in antichi testi dell’Islam come piacere, preliminari, dei corpi, delle posizioni possibili dell’amore, tutto è permesso, sempre nel rispetto delle aspettative e del piacere dell’uomo e della donna, eccetto la sodomia. Il Profeta associa all’atto sessuale l’elemosina, nel senso che diventa espressione di un atto di adorazione di fronte al Creatore. La sessualità è esempio di accettazione del dono divino, compreso il proprio corpo. L’uomo è cosciente della propria responsabilità nel controllo le sue pulsioni dei propri istinti per vivere appieno il dono ricevuto.

Nell’islam non è agevolata l’escissione e non ne fa un atto raccomandato, come avviene invece per la circoncisione maschile, l’idea di negare alla donna la sua sessualità e/o il suo piacere nella sessualità è in disaccordo con l’insegnamento islamico. Nella realtà questa pratica è molto diffusa. L’omosessualità non è permessa nell’islam perché essa non è naturale, rivela un turbamento, una disfunzione, uno squilibrio, esce dalla via e dalle norme della realizzazione degli esseri umani davanti a Dio.

L’aborto invece non è autorizzato fatto salvo i casi in cui la vita della madre è in pericolo. Esistono per l’appunto diversi consigli di sapienti e di specialisti che hanno poteri decisionali in materia religiosa e politica. L’islam, infatti, non possiede un’unica istituzione di riferimento. Si può parlare quindi di assenza di norma unica. Su alcune decisioni il Consiglio di sapienti è totalmente condizionato da pressioni politiche, come per esempio avviene in Afganistan e in Arabia Saudita.

Troviamo Paesi come la Turchia e la Tunisia che hanno, per esempio, abolito la poligamia, altri come Iran e Bangladesh che hanno fatto progressi riguardo ai diritti della donna, senza sentire il bisogno di introdurre norme occidentali, ma grazie a movimenti femministi interni. Ecco che le donne sono presenti in Parlamento in gran numero, partecipano alle attività culturali e sportive.

Maria Gabriella Corbi

Fonte: Altalex