La domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto non è soggetta alla mediazione

La domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto non è soggetta alla mediazione

Tribunale di Verona, ordinanza 24.3.2016

A cura del Mediatore Beatrice Benenati da Sassari
Con una interessante ordinanza il Tribunale di Verona si pronuncia su due profili discussi in giurisprudenza, ovvero l’assoggettabilità della domanda riconvenzionale alla mediazione e la necessaria superabilità del primo incontro informativo.Sotto il primo profilo, il Giudice di Verona aderisce all’indirizzo giurisprudenziale espresso dal Trib. Palermo 11.7.11 e dal Trib. Reggio Calabria 22.4.14, secondo cui solo la domanda proposta dall’attore soggiace all’obbligo di mediazione e non anche la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto o dal terzo, sebbene rientranti nelle materie per le quali è prevista la mediazione (art. 5 comma 1 bis D.L.gs. 28/2010).Sotto il secondo profilo, il Tribunale di Verona ritiene che nessuna norma impone alle parti di procedere necessariamente oltre il primo incontro informale, poiché l’effettività della mediazione si realizza sic et simpliciter nel metterle nella condizione di prendervi parte all’interno della cornice procedimentale che la legge predispone come obbligatoria, senza che possa esservi alcuna imposizione quando la parte, all’esito del primo incontro con il mediatore, rifiuti di proseguire con la mediazione manifestando la chiara e ferma volontà che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria.
Eventuali condotte scorrette commesse dalle parti che col proprio atteggiamento disertano, non potranno essere sanzionate con la improcedibilità della domanda ma bensì attraverso la regolamentazione delle spese legali.

Testo integrale:

TRIBUNALE DI VERONA
N. R.G. 0/2014
Successivamente, davanti al G.I. Dr. E. Tommasi di Vignano, all’udienza del 24/03/2016 sono presenti per il ricorrente/attore P. l’Avv. P. unitamente all’attore personalmente, per il B. resistente/convenuto l’Avv. C. in sostituzione dell’Avv..
Il Giudice Dr. Eugenia Tommasi di Vignano, dando pubblica lettura del dispositivo e dei motivi, ha pronunciato la presente
omissis
ritenuta la legittimità processuale della motivazione c.d. per relationem (cfr. Cass. 3636/07; Cass. Sez. Lav. 8053 del 22/5/12 e Cass. 11199 del 4/7/12) ed evidenziato che per consolidata giurisprudenza del S.C. il giudice, nel motivare ‘concisamente’ la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp.att.c.p.c., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni – di fatto e di diritto – che risultano “… rilevanti ai fini della decisione” concretamente adottata (Cass., n. 17145/06);
richiamata adesivamente Cass. SS.UU. 16 gennaio 2015, n. 642, secondo la quale nel processo civile – ed in quello tributario, in virtù di quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1 d.lgs. n. 546 del 1992 – non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata, dovendosi anche escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti;
richiamato per relationem il contenuto dell’atto di citazione, con cui l’attore chiede: 1) dichiararsi la violazione da parte della banca delle regole di condotta nella prestazione del servizio di investimento fornito in occasione dell’acquisto di strumenti finanziari Azioni Unipol ORD. Cod. 1074570 effettuato il 9/4/98 per totali € 507.542,16 rispetto agli artt. 21 e 23 TUF, 29, 31, 32, 35 2 comma, 37, 39 e 40 Regolam. Intermediari Consob (Delib. 16190/07) 1176, 1218 e 1375 cod.civ.; 2) dichiararsi la risoluzione per inadempimento sdia del contratto quadro che dei singoli ordini di acquisto, con ogni conseguente effetto restitutorio; 3) condannarsi la banca al risarcimento dei danni quantificati in linea capitale in € 493.605,00 oltre interessi dalla data dell’acquisto, con refusione delle spese di lite; richiamato per relationem il contenuto della comparsa di costituzione e risposta, con la quale la banca ha articolatamente e su più fronti contestato l’ammissibilità e la fondatezza della domanda attorea chiedendone declaratoria di inammissibilità/rigetto, e ha spiegato domanda riconvenzionale di condanna dell’attore al pagamento del saldo negativo del conto corrente n. 6958 per € 302.935,71, con refusione delle spese di lite; richiamato integralmente il verbale dell’udienza del 16/10/14, nel corso della quale la banca, premesso che la controversia rientra tra quelle per le quali è obbligatorio l’esperimento della procedura di mediazione di cui al D. Lgs 28/10, ha sollevato l’eccezione di improcedibilità delle domande attoree per mancato esperimento ‘effettivo’ della mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1 bis del citato D.Lgs. 28/10 intrapresa dall’attore, essendosi questo limitato a rifiutare, in occasione del primo incontro con il mediatore, di iniziare la procedura a seguito della mera illustrazione da parte del mediatore della funzione e modalità di svolgimento della mediazione (cfr. doc. 15 attoreo – Verbale di primo incontro del 31/10/13), richiamando giurisprudenza di merito che assume che la mediazione deve svolgersi alla presenza personalmente delle parti assistite dai difensori art. 8 D.Lgs 28/10 ed essere ‘effettivamente’ avviata, senza che possa pertanto ritenersi verificata la condizione di procedibilità dopo un solo primo incontro in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti presenti la funzione e la modalità di svolgimento della mediazione e senza cioè che vi sia una effettiva chance di raggiungimento dell’accordo conciliativo (cfr. Trib. Firenze 19/3/14, e nello stesso senso Trib. Palermo 16/7/14; Trib. Rimini 16/7/14; Trib. Roma 17/7/14);
dato atto che la banca ne ha ricavato che il mancato svolgimento del procedimento di mediazione in modo effettivo, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, comporta l’improcedibilità del presente giudizio ai sensi del citato art. 5, comma 1 bis, D.Lgs 28/10;
rilevato che la difesa attorea ha contestato l’eccezione di improcedibilità avversaria ed ha eccepito a sua volta l’improcedibilità della domanda riconvenzionale della banca ex art. 5, comma 1 bis del D.Lgs 28/10 per mancato esperimento della mediaconciliazione obbligatoria, anche alla luce del principio di parità di trattamento ex art. 3 della Costituzione tra l’attore e il convenuto, richiamando giurisprudenza di merito che si è espressa in tal senso (Trib. Como, sez. Cantù 2/2/12 e Trib. Roma 15/3/12) ed evidenziando la contraddittorietà della condotta della banca con violazione del divieto di venire contra factum proprium per avere invocato l’improcedibilità della domanda attorea, pur avendo ritenuto inutile intraprendere la mediaconciliazione sulla propria domanda riconvenzionale rispetto alla quale la banca è attrice;
rilevato che la banca ha osservato in replica che la domanda riconvenzionale ha ad oggetto il mero recupero di un credito e che in quanto tale non è soggetta a mediazione obbligatoria;
richiamato integralmente quanto evidenziato dalle parti anche in sede di discussione orale della causa;
rilevato in fatto che, nel caso di specie, sia l’attore che la banca hanno preso parte al primo incontro con il mediatore e che l’attore, ricevuta dal mediatore l’informativa sulla funzione e sulle modalità di svolgimento della mediazione, si è espresso negativamente sulla possibilità di intraprenderla (cfr. doc. 15 attoreo);
ritenuta in iure la non persuasività dell’eccezione della banca di improcedibilità della domanda attorea per mancato ‘effettivo’ svolgimento della mediazione obbligatoria per avere l’attore rifiutato di procedere dopo il primo incontro informativo; richiamato come acquisito l’orientamento giurisprudenziale che assume che lo svolgimento della mediazione obbligatoria assolva la condizione di procedibilità solo quando vi partecipino le parti personalmente (assistite dai difensori) e non solo i difensori (sul punto in esame, ex multis, Trib. Firenze 19/3/14 est. Breggia; Trib. Pavia 9/3/15 est. Marzocchi; Trib. Vasto 9/3/15 est. Pasquale; Trib. Roma sez. III 19/2/15; Trib. Roma, 14/12/15) e dato atto che l’ipotesi normale è quella in cui partecipino alla mediazione entrambe le parti (attore e convenuto);
richiamate le norme del D. Lgs. 28/10, come modificate dalla L. 98/13, che disciplinano lo svolgimento della mediazione rispetto al tema della procedibilità della domanda e, in particolare, gli art. 5, comma 2 bis (“Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”), e 8, 1 comma (“Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”);
ritenuto che il detto art. 8, 1 comma – come attenta dottrina ha evidenziato valorizzandone il dato testuale – impone di ritenere che il primo incontro tra le parti e il mediatore abbia la funzione di verificare la volontà e disponibilità delle parti, informate sulla natura e funzione della mediazione cui il mediatore intende procedere, ad ‘autorizzare’ l’avvio della procedura, consentendo loro altresì di fornire le eventuali giustificazioni per non procedervi;
ritenuto che tale ricostruzione sia pienamente avallata dal richiamato art. 5, comma 2 bis, che, nell’affermare espressamente che “…la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, implicitamente ammette che il primo incontro informativo non è un momento estraneo alla ricerca dell’accordo e che la mediazione possa legittimamente chiudersi al primo incontro, sicchè nell’espressione ‘senza l’accordo’ deve necessariamente rientrare anche l’ipotesi che le parti o una di esse non intendano tout court proseguire con la mediazione, ritenendo preferibile che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria (sostanzialmente conforme a tale ricostruzione anche Tribunale Taranto, sez. II, ord. 16/04/2015);
osservato che in tale prospettiva, l’effettività della mediazione si realizza sic et simpliciter nel mettere le parti nella condizione di prendervi parte, all’interno della cornice procedimentale che la legge predispone come obbligatoria, senza che tuttavia il perseguimento dello scopo dell’effettività della mediazione possa essere ‘forzato’ sino al punto di ritenere non assolta la condizione di procedibilità anche quando la parte, all’esito del primo incontro con il mediatore, rifiuti di proseguire con la mediazione manifestando la chiara e ferma volontà che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria, cioè dall’organo cui l’ordinamento costituzionale conferisce l’attribuzione dei poteri giurisdizionali; ritenuto che, per quanto detto, non può in alcun modo condividersi l’assunto pure sposato da vari Tribunali secondo il quale l’art. 8 del d.lgs. 28/2010 deve essere interpretato “…nel senso di attribuire al mediatore il compito di verificare l’eventuale sussistenza di concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura e non già quello di accertare la volontà delle parti in ordine all’opportunità di dare inizio alla stessa” (Tribunale Firenze Sez. spec. Impresa 15 ottobre 2015 n. 3497; Trib. Firenze, ord. 26/11/14) dovendo altrimenti ipotizzarsi una mediazione di fatto facoltativa, giacchè ognuno dei partecipanti finirebbe per essere inammissibilmente titolare di un “…diritto potestativo alla chiusura del procedimento” (cfr. Trib Palermo 16/7/14); osservato criticamente che tale orientamento: 1) sposa una lettura estensiva delle norme della riforma di cui alla Legge n. 98 del 9 agosto 2013, senza considerare che le norme ordinarie che prevedono una giurisdizione cd. ‘condizionata’ sono di stretta interpretazione (cfr. ex multis Corte Cost. 403/07), trattandosi di norme eccezionali che, in quanto derogative del principio del libero accesso al giudice, non possono essere interpretate in senso estensivo né essere applicate in via analogica ma devono al contrario essere interpretate nel loro significato minore, quello cioè che utilmente (e sufficientemente) realizza il fine che le stesse perseguono; 2) non tiene conto – come attenta dottrina ha evidenziato – della volontà del legislatore della riforma di “…alleggerire le (pur) riproposte fattispecie d’obbligo”, anche con riguardo alle criticità evidenziate in merito ai costi della mediazione, rendendo possibile il soddisfacimento della condizione di procedibilità con la semplice partecipazione a un primo incontro a contenuto informativo ed il pagamento del solo costo fisso per il deposito dell’istanza o dell’adesione; 3) oltre a non individuare quali sono, specificamente, i ‘concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura’ (Trib. Firenze 15/10/15 cit.) che potrebbero essere evidenziati dalle parti personalmente – poiché ai sensi della detta norma l’invito del mediatore è rivolto anche alle parti e non solo ai difensori tecnici del diritto – non considera che il principale potenziale impedimento all’effettivo esperimento della procedura è l’eventuale legittima volontà contraria della parte che, una volta ricevuta l’informativa sulla funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, conservi l’intendimento di sottoporre le sue ragioni all’autorità giudiziaria, e che non può, pertanto – se non al costo di affermazioni paternalistiche per non dire autoritarie – essere marginalizzata e ridotta a mero capriccio sino ad essere attinta dalla sanzione della improcedibilità della corrispondente domanda di giustizia financo nel caso in cui la parte, con la sua presenza innanzi al mediatore all’incontro informativo, ha realizzato la condotta che la legge all’art. 5 comma 2 bis, cit. testualmente indica integratrice della condizione di procedibilità (così finendo anche – ed irragionevolmente – per sanzionare più severamente la parte che, partecipando al procedimento di mediazione, manifesti la volontà di non conciliare rispetto a quella che ometta tout court di parteciparvi); 4) nemmeno persuade nella critica alla configurabilità di un diritto potestativo alla chiusura del procedimento in capo ad ogni parte, tenuto conto: a) che – come acuta dottrina ha sottolineato – se l’ordinamento riconosce il diritto del soggetto evocato in causa a non partecipare al processo restando contumace, analogamente deve riconoscere al soggetto convocato in mediazione quantomeno il diritto di non aderirvi; b) che, salvo cedere a pericolose tentazioni di giurisdizionalizzare il foro interno della persona (gesinnung), bisogna riconoscere che la partecipazione effettiva della parte al procedimento di mediazione è e resta un fatto sostanzialmente incoercibile e non sanzionabile se non sul piano delle spese legali e nei limiti di cui alla legge, non potendo non riconoscersi alle parti, in qualsiasi momento del procedimento, la facoltà di sottrarvisi, sopportandone sì le conseguenze processuali ma non in chiave di improcedibilità della domanda, di dubbia compatibilità con l’art. 24 della Costituzione;
ritenuto che quanto precede sia sufficiente al rigetto dell’eccezione della banca di improcedibilità della domanda attorea, tenuto conto che l’attore ha partecipato al primo incontro con il mediatore in conformità all’art. 5 Dlgs. 28/10 (doc. 15 attoreo);
ritenuta l’infondatezza anche della speculare eccezione attorea di improcedibilità della domanda riconvenzionale della banca per mancato esperimento della mediazione obbligatoria ex D. Lgs. 28/10;
osservato preliminarmente che la domanda riconvenzionale della banca, finalizzata al pagamento del saldo passivo del conto corrente bancario intercorso tra la banca stessa e l’attore, rientri tra quelle che l’art. 5, 1 comma, D. Lgs. 28/10, nel ricomprendere le cause relative ai contratti bancari, assoggetta a mediazione obbligatoria;
dato atto che, sul tema dell’assoggettamento alla mediazione obbligatoria della domanda riconvenzionale (inedita o meno) rientrante nelle materie di cui al D.Lgs. 28/10 (come anche delle domande dei terzi chiamati in causa, delle domande trasversali, della reconventio reconventionis), sussistono contrapposti orientamenti giurisprudenziali, centrati sull’interpretazione dell’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs 28/10 come riformato nel 2013, che prevede che “…chi intende esercitare in diritto un’azione relativa ad una controversia in materia di (…) è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di medaizione”, e sul rilievo che rispetto alla domanda riconvenzionale il convenuto è processualmente attore in senso sostanziale, sicchè, optando per la tesi positiva, dovrebbe ritenersi che ogni domanda proposta in giudizio, quindi anche le domande riconvenzionali e quelle proposte dal terzo nelle materie indicate dall’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. 28/10, soggiacciono alla mediazione obbligatoria (Trib. Firenze 14/2/12; Trib. Como Sez. Cantù 2/2/12; Trib. Roma 15/3/12), mentre, optando per la tesi negativa (tra tutte Trib. Palermo 11/7/11 e Trib. Reggio Calabria 22/4/14), dovrebbe affermarsi che solo la domanda proposta dall’attore nelle dette materie soggiace al detto obbligo;
ritenuta preferibile la più ragionevole e razionale tesi negativa, per le ragioni compiutamente illustrate da Trib. Palermo 11/7/11 e Trib. Reggio Calabria 22/4/14, cui si rimanda integralmente per relationem, e che sono sinteticamente compendiabili: A) nell’esigenza di interpretare l’art. 5 D.Lgs. 28/10 alla luce dei principi: 1) di ragionevole durata del processo; 2) di efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale rispetto alle norme di deroga alla giurisdizione alla luce dell’art. 24 Cost.; 3) di equilibrio nella relazione tra procedimento giudiziario e mediazione come espresso dalla Direttiva 2008/52/CEE; B) nell’esigenza di rispettare l’autentica finalità dell’istituto mediatorio che è marcatamente deflattiva, tenuto conto che, rispetto alla domanda riconvenzionale, l’esperimento della mediazione “…non sortirebbe l’effetto di chiudere il giudizio in corso”, poichè “…non è generalmente idoneo, dopo il fallimento del procedimento di mediazione sulla domanda principale, a porre fine al giudizio” (Trib. Palermo, cit.); C) nell’esigenza di evitare la formulazione di domande riconvenzionali ‘strumentali’ al solo fine di imporre al giudice l’invio in mediazione, con conseguente allungamento dei tempi processuali anche per la definizione della domanda principale ovvero separazione della domanda riconvenzionale da quella principale, con quanto deriverebbe in termini di proliferazione delle cause e aggravamento degli adempimenti amministrativi di cancelleria (ancora Trib. Paermo, cit.); che tanto basta, ad opinione di questo giudice, per il rigetto della eccezione attorea di improcedibilità della domanda riconvenzionale della banca per mancato esperimento della mediazione obbligatoria; che la causa deve proseguire per la decisione di merito sulle domande delle parti; che le spese di lite sono rimesse al giudizio definitivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, non definitivamente decidendo, ogni diversa domanda ed eccezione respinta, così provvede: rigetta le eccezioni preliminari delle parti di improcedibilità delle domande per mancato esperimento della mediazione obbligatoria; spese al definitivo; rimette la causa in istruttoria per la decisione di merito sulle domande delle parti, fissando per la prosecuzione ex art. 183 c.p.c. l’udienza del 14/4/16, ore 11.00.
Verona, 24.03.2016
Il Giudice Dr. Eugenia Tommasi di Vignano